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Come funziona il clickbait?

Sempre più spesso si trovano articoli con titoli altisonanti, immagini che colpiscono, incipit che ci costringono a leggere, e sempre più spesso una volta aperto l’articolo ci si accorge che in fondo non diceva nulla. Perché qualcuno perde tempo a fare articoli così di poco valore? Perché continuiamo a cascarci?

Si tratta del cosiddetto clickbait, il click mordi e fuggi. Esistono diverse motivazioni per cui questo meccanismo viene usato e il più delle volte nasconde cattivo giornalismo, altre volte invece è proprio un tentativo di variare l’opinione pubblica e in questo caso diventa più preoccupante e subdolo.

Per quanto riguarda la nascita del fenomeno è ascrivibile al forte cambiamento nell’editoria giornalistica causata dall’avvento di internet, e dalla scarsa capacità di gestione della stessa da parte di alcuni (molti) giornali. Se un tempo per leggere un giornale eravamo costretti ad acquistarlo e il costo che pagavamo sosteneva (lo so, solo parzialmente) la stampa, oggi con l’avvento di internet tendiamo a navigare siti di notizie e desideriamo farlo gratuitamente.

Per mantenere alti gli introiti economici molti giornali scelgono di inserire banner pubblicitari all’interno delle notizie. Tutte quelle immagini enormi che compaiono in mezzo o a volte sopra agli articoli. Sono questo il centro dell’interesse del giornale e il clickbait il modo di soddisfare questo interesse.

Come funzionano i banner pubblicitari?

I banner pubblicitari sono essenzialmente diversi dalla pubblicità in televisione. Se nella pubblicità televisiva è difficile verificare se e quanti abbiano visto quello specifico spot e se e quanto le persone siano state colpite, con i banner pubblicitari fare statistiche sul tema diventa un gioco da ragazzi.

Chi gestisce il sistema di pubblicità sa perfettamente quante volte una data pubblicità viene vista, e quante volte porta al click da parte dell’utente verso il sito pubblicizzato. In questo modo pagherà chi espone il banner, ossia il giornale online, in base a quanti utenti avrà portato a vedere e magari ancor meglio cliccare il banner.

Non solo, come già spiegato in Cosa sa Facebook di me? Cosa sa Google di me? (https://short.staipa.it/cqh52), la pubblicità via banner permette un’ottima targhettizzazione. Ossia a un dato visitatore corrisponde data pubblicità specifica, quella più adatta a lui.

La diretta conseguenza dell’uso di questo sistema è che il giornale è più interessato al fatto che voi vediate la pubblicità rispetto a che voi vediate l’articolo. L’importante è il click, non la lettura.

Un modo per riconoscere un buon giornale ormai è valutare quanto invasiva sia la pubblicità che inserisce. Alla fine è giusto che guadagnino attraverso i banner pubblicitari, nessun servizio può essere gratuito, ma capire se un giornale punta alla qualità o ai soldi facili non è difficile. Titoloni attira click? Banner pubblicitari giganteschi? Meglio cambiare sito.

Gli aggregatori di notizie inoltre “peggiorano” la situazione. Siti come google news, o i social network che ci propongono articoli da più giornali e più siti lasciando scegliere a noi costringono i giornali a una lotta al titolo più attraente innalzando il livello del clickbait. Ma c’è una cosa negli aggregatori che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. Esattamente come spiegato in I social possono influenzare la mia mente? (https://short.staipa.it/ikbei) e in Quando siamo estremamente divisivi è probabile siamo vittime di Fake News (https://short.staipa.it/9f1em) tendono a mostrarci le informazioni che ritengono ci possa interessare, basterà un po’ di esercizio nel non cliccare su determinati titoloni, immagini e giornali e in poche settimane smetteranno di proporceli.

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Questo articolo proviene dal sito www.staipa.it, lì troverai altri articoli su InformeticaUso Consapevole Della Tecnologia, e Fake News.

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